Condividere gli archivi: dai sistemi alle narrazioni
Sintesi della relazione presentata al convegno delle Stelline del 16 marzo 2018, Milano
L’intervento muove dalla consolidata consapevolezza che a determinare il ruolo e perfino la forma degli archivi sono le istanze culturali. Istanze che derivano però da una cultura intesa nella sua accezione più ampia e non solo limitata alle esigenze della ricerca storica. La comunicazione o, meglio, la condivisione dei valori “politici”, civili e culturali degli archivi diventa in questo senso un flusso biunivoco che va oltre la dimensione squisitamente tecnica, quando non tecnicistica, della descrizione archivistica. Archivisti e fruitori possono diventare protagonisti, entrambi attivi, di percorsi di trasmissione non tanto di semplice memoria, quanto, appunto, di valori.
La comunicazione archivistica di natura istituzionale è però di consueto costruzione e comunicazione di contenuti specialistici, frutto di una descrizione di dominio, e il linguaggio archivistico è congegnato in maniera da tale da contribuire a restituire una visione gerarchica dell’universo. Una visione questa indispensabile ai fini di un’organizzazione tassonomica dell’informazione ma con ogni probabilità distante dall’anima contenutistica dei fondi archivistici, che “in natura” sono molto meno gerarchici delle loro rappresentazioni. I grandi sistemi SAN, SIAS, SIUSA, rispecchiano gli archivisti ancora prima che gli archivi, pur tentando (sperando?) di rivolgersi a un mondo digiuno dei paradigmi archivistici. Nella realtà essi hanno un basso tasso di inclusione e malgrado la loro innegabile importanza non riescono a penetrare nella società.
L’intero impianto descrittivo del resto mantiene il proprio punto focale in quella che potremmo definire la ricerca classica e lo sforzo di mediazione asseconda questo processo. La crisi –che ci si augura congiunturale- di archivi e archivistica (crisi che si manifesta sia dal punto di vista metodologico che da quello giurdico e organizzativo) impone riflessioni più approfondite sulle modalità e le finalità della comunicazione archivistica. Come già detto ciò che più serve alla causa archivistica non è tanto la capacità di rendere fruibili “documenti” quanto quella di veicolare e contribuire a radicare valori documentari.
Nel panorama delle risorse che potremmo definire genericamente di comunicazione archivistica spicca il caso del complesso portale Lombardia Beni Culturali, da sempre caratterizzato da un uso integrato della descrizione. «Lombardia Beni Culturali è il portale del patrimonio culturale lombardo.
In esso vengono pubblicati i profili dei principali Istituti di cultura lombardi quali musei, archivi e biblioteche, i cataloghi dei patrimoni da loro conservati, le descrizioni dei beni diffusi sul territorio, complessi architettonici e emergenze urbanistiche significative, risorse storico archivistiche, percorsi tematici». Il portale muove da un approccio fortemente descrittivo e si pone con forza il tema della integrazione delle diverse descrizioni all’interno di un contesto per quanto possibile omogeneo. Siamo di fronte a un esempio interessante e importante di contaminazione descrittiva e, soprattutto, culturale e alla volontà di declinare nella/per la società i contenuti informativi. Lo dimostrano in maniera efficace i due progetti Architettura italiana del secondo Novecento e Censimento delle Architetture Italiane del Secondo Novecento.
Ma queste considerazioni, questo bisogno di un’archivistica capace di comunicare con il mondo circostante e desiderosi di raccontarsi al di fuori e al di là di rigidi schematismi, ci avvicinano per analogia alla public history e ci fanno parlare di un’archivistica pubblica, una public archival science che sia innanzitutto narrazione e condivisione. Parafrasando, potremmo dire “gli archivi per il pubblico e con il pubblico”. Raccontare gli archivi, più che evocare avvenimenti, significa evidenziare percorsi conservativi, portare a galla valori, spiegare cioè i presupposti dei fatti e le ragioni dell’archivio. Nello sforzo narrativo emerge la volontà dell’archivista di affermare il proprio ruolo e i propri valori pubblici ancora prima che tecnici.
Una dimensione, insomma, sociale e attiva di questa figura professionale, aperta alle contaminazioni per quanto giustamente gelosa della propria specificità culturale e metodologica. L’archivistica non si inventa, né si improvvisa e qualsiasi sforzo di comunicazione è vano se non muove da rigorose basi scientifiche e disciplinari.
Il rigore disciplinare in questa particolare congiuntura, caratterizzata da una profonda crisi che ci auguriamo di “crescita” dell’archivistica, ha bisogno di essere supportato da approcci e strumenti che tengano conto in prima battuta della scala valoriale e dell’impatto per così dire emotivo che gli archivi possono generare. Sembra opportuno insomma affiancare ai tecnicismi un rinnovato stato d’animo degli archivisti, una nuova consapevolezza della specificità e della centralità del ruolo.
Dall’insieme di questi presupposti muove Archivistica Attiva, un gruppo FB che ha trovato poi stabilità di contenuti in un blog, Archivisticattiva. Archivistica Attiva è uno spazio di discussione, un punto di incontro e talvolta di scontro, una comunità di valori che promuove la causa di un’archivistica che rifiuti di essere remissiva e lamentosa e si riappropri (o semplicemente si appropri) prima di tutto del suo ruolo sociale e politico in senso ampio.
Sul versante della ricerca poi la recente pubblicazione del mio volumetto Archivio: concetti e parole, mira scientemente a destrutturare, quando non a dissacrare, l’algido linguaggio archivistico, scomponendo un mondo piuttosto ingessato in una cascata di definizioni ai limiti dell’archivisticamente corretto.
«Gli archivi sono intrecci di parole. Grovigli talvolta inestricabili di parole. Parole urlate, parole sussurrate, parole nascoste. Vivono di parole gli archivi, come tutti noi. Eppure spesso chi li accudisce non sa parlare o parla una lingua incomprensibile ai più. E allora gli archivi e il loro fascino potente e diacronico rimangono paradossalmente ai confini della realtà, di quella stessa realtà di cui sono figli e che contribuiscono a governare»
L’obiettivo è quello di partire dal linguaggio di dominio e dalla conoscenza tecnica per sprigionare contenuti, valori ed emozioni.
Sempre in questa direzione fortemente sperimentale va poi la nascente avventura di due nuovi eroi archivistici, il cane Identità e il coniglio Thomas Baffo
I due, frutto della sapiente matita di Salvatore Renna, saranno a breve protagonisti di un fumetto e molto probabilmente di un cartone animato. La moltiplicazione delle forme espressive può rivelarsi assolutamente decisiva nell’ampliare e diversificare le possibili fasce di utenza. Identità e Thomas Baffo sono due eroi positivi incaricati della missione di distruggere l’apparente ossimoro archivistica immaginazione. La loro prima storia, per ora solo testuale è disponibile sul blog Archivisticattiva (/archivisticattiva/il-cane-identita-alla-scoperta-del-grande-castello/)
In conclusione occorre ribadire come il lavoro archivistico di natura scientifica rimanga al centro di qualsiasi processo di condivisione, narrazione, comunicazione. Senza descrizione gli archivi non sono. La questione archivistica ci pone però di fronte all’esigenza vitale di penetrare nella società, perché quella è l’unica possibilità di sopravvivenza. La comunicazione istituzionale non riesce però storicamente ad assolvere a questo compito. L’archivistica “narrativa”, può allora diventare veicolo, oltre che di contenuti, di emozioni e valori di interesse generale, e garantire risultati insospettabili.
… E fine della storia …
[1] federico.valacchi@unimc.it
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