Il cane Identità alla scoperta del grande castello

Identità ha quattro zampe veloci, un muso affilato, orecchie acute e una coda breve e agitata. Secondo i canoni estetici (che nella fattispecie poi sono canòni) non si può dire bello. Piuttosto lo potremmo definire intenso. Fa una vita sregolata, dentro ai vicoli della città della memoria. Una città a sua volta non bella, non omogenea, fatta di strade che tornano su sé stesse, di piazze piene di avvenimenti non raccontati, raccolti in cumuli che arrivano fino alla sommità di strani palazzi con finestre che guardano all’interno. Le torri di Memoria sono fatte di mattoni di tempo che fluttuano in uno spazio vago e indefinito. Ci sono fontane da cui sgorgano ore nuove di zecca che subito invecchiano. E’ circondata dai monti dell’Oblio alti, tenebrosi e quasi invalicabili. Gli abitanti si procacciano da vivere scavando tra i mucchi di fatti alla ricerca di scoop da vendere al Grande Cugino, despota incontrastato. Si vive di fatti a Memoria, ma di fatti già accaduti oppure che ancora devono accadere,  non si sa come, quando e dove. Non esiste il presente in senso stretto. Non c’è tempo per il presente lì.

Identità è specializzato nella caccia ai non detti. Cioè a quei fatti che non essendo stati raccontati non esistono e giacciono inerti nei mucchi. I non detti sono piccole e tremolanti anime verdi con gli occhi incassati dentro corpi di lemure. Tutto oscilla a Memoria, e così anche i mucchi di fatti, e non sono poche le volte che Identità finisce incastrato sotto a cumuli di vicende. Le più spigolose sono le assemblee condominiali, retaggio drammatico delle umane miserie. Identità ha fiuto, sa scovare fatti freschi di storia, stanare il pensiero, imbrancare come un cane da pastore greggi di dati riottosi. Ma identità è un sovversivo. Non ama il Grande Cugino, non caccia per lui. Identità porta acqua al mulino dei conigli sapienti, setta visionaria che fa del tempo e dei suoi ghirigori la sua lotta armata. I conigli sapienti si nascondono nelle pieghe della valle del Senso dove vivono in tane sicure. Sono attenti a dettagli insignificanti, si nutrono esclusivamente di carote contestualizzate. E ruminano dati e date. Instancabili. Così come il Grande Cugino infesta l’etere di raffinata banalità suadente, i conigli disseminano dubbi, raccontano storie di esseri strani, mutanti del tempo e dello spazio. E Identità è il loro fornitore. Cacciatore dal fiuto indiscutibile sempre vestito di un largo gilet a toppe, Identità si aggira di notte per le strade di Memoria. Sa che Thomas Baffo, il capo dei conigli sapienti, predilige avanzi di fatti, particolari apparentemente insignificanti che egli sa trasformare in possibili controverità. Stralci di parole di un notaio, confidenze di un gesuita, sussurri di rivoluzionari, ogni piccola traccia scatena l’attenzione di Identità. Lo strano cane costruisce se stesso ogni notte, indugiando dubbioso su cumuli di macerie fattuali. Il suo sogno è quello di penetrare nel grande edificio, quello che chiamano il Palazzo dei Fatti Veri o, i più raffinati, il Locus Credibilis, per carpirne e violarne i segreti. Prepara da tempo l’incursione e tante volte ne ha parlato con Thomas Baffo, ansioso come lui di attingere a quella fonte inesauribile di possibili realtà. La sorveglianza però è stretta. Il Grande Cugino, consapevole dell’importanza del controllo del palazzo e dei suoi contenuti, ne ha affidato la custodia ai temibili occhiuti. Costoro, in spolverina, mascherina e occhiali, tutti ingobbiti dal lungo penare sulle carte, hanno costruito trincee di polvere e luoghi comuni e li hanno innalzati a difesa dei fatti che l’edificio, situato su uno sperone di roccia perennemente tormentato dal tuono, gelosamente conserva. Quella degli occhiuti è una casta tristemente famosa. Si nutrono esclusivamente di brodo di pergamena, carta macerata e, si mormora con orrore, di membra di peroniani. Dominano dall’alto l’edificio, o meglio il castello delle presunte verità. Non lasciano avvicinare nessuno senza il lasciapassare del Grande Cugino, e alimentano miti nefasti per tenere lontani gli abitanti di Memoria dal luogo. Raccontano di fantasmi orribili che si agitano tra gli scaffali. Dicono trascinano rumorosamente manuali di gestione e seti di orribili metadati. Pesanti inventari, taglienti regesti, acuminati transunti sono le loro armi. Il più occhiuto degli occhiuti detto il direttore presidia personalmente le stanze di accesso per evitare intrusioni.

Sembra una situazione senza tempo immersa in un tempo circolare che non riconosce più sé stesso. E la città intorno vegeta, afflitta da una grave malnutrizione informativa e da profonde crisi esistenziali.

Ma Identità alla fine si decide. Affronterà gli occhiuti. Per farlo già da tempo ha iniziato un percorso iniziatico presso la locale Abbazia della Sacra Carta. Il percorso è  volto al conseguimento del diploma di volontario esploratore, unico tipo di lavoratore che il Grande Cugino ammette nell’edificio sacro, sfruttandolo a più non posso. Il percorso è difficile ma grazie ai consigli dell’amico Baffo l’arguto animale si è impossessato dei saperi che consentono di interpretare gli scrigni magici. Sa ormai di paleografia dello scontrino medievale, neografia (disciplina che studia le carte geografiche dopo la caduta del muro di Berlino e la moltiplicazione delle province sarde) diplomatica applicata ai cristalli di neve, storia dei vessilli preunitari nel mezzogiorno d’Italia e altre discipline di simile ordine cosmico e generale. Abbandona il suo gilet, si traveste con un completo da volontario rigorosamente OVS, impara a camminare su due zampe e si presenta al castello. L’occhiuto lo squadra insospettito e sembra non cascarci.  “Chi saresti tu con questo muso affilato?” Gli chiede. E Identità, pronto, “sono un ccva (cioè un colui che vuole aiutare).” “E in che cosa pensi di essere utile ?”  “Posso spolverare scaffali, uccidere ragni, spostare mazzi di carte, inseguire pinguini dei faldoni.

“Per entrare e essere ammesso al cospetto delle segrete cose (e l’occhiuto si inchina deferente) dovrai superare il fossato del tempo volante. Te la senti? Nel fossato nuotano filze voraci e rari esemplari di Cencetti vincolatus, una universitas rerum orribile, sappilo”. “Ho con me i miei salvacondotti” disse Identità. “Ci proverò”. Si avvicina al fossato con volto impavido, ma temendo in cuor suo di finire sopraffatto da tutta quella dottrina. Finge di pregare non la materie ma le istituzioni, ripassa mentalmente il principio di provenienza, si specchia nelle acque e estrae dallo zaino un pacchetto. E’ uno speciale volume di gomma, una rara copia gonfiabile dell’inventario del Regio Archivio di Stato in Lucca. Gonfia il piccolo tomo che si fa zattera e si cala nel fossato. Immediatamente alla sua destra si erge un minaccioso Baldassarre Bonifacio, urlante. Identità se ne libera con una delle 1000 versioni note del codice dell’amministrazione digitale che ha con sé e si inoltra nelle acque limacciose salmodiando le regole tecniche del medesimo CAD. Non è ancora a metà quando dall’alto del castello un occhiuto gli scaraventa contro una raffica di titolari, tra cui il letale Titulus, titolarione dei titolari. Di fronte a tanta minaccia Identità si vede perduto. Oscilla smarrito, indietreggia. Poi l’illuminazione. “Ontologie”, tuona con tutte le forze. C’è un rumore sinistro le tassonomie si accartocciano procedono in maniera orribile dal particolare al generale e infine scompaiono lasciandosi dietro un vago odore di albero rovesciato carbonizzato. Identità rincuorato procede e intravede l’altra sponda ma qui gli si palesa l’ostacolo più imprevisto e arcigno. L’intera tribù dei sistemi informativi, guidati dal famelico SAN lo scruta minacciosa. Sono molti, selvaggi, parlano lingue incomprensibili ai più. Sono vestiti di cangianti gerarchie, agitano soggetti produttori come clave. Eccoli, orribili, SIAS, SIUSA, SIASFI, SIASVE, Guida dalle due teste, il fantasma dell’archivio multimediale del Mediterraneo. Stavolta identità sembra perduto. A nulla serve evocare gli spiriti benigni del buon senso e della corretta amministrazione. Occhiuti narcisisti incitano selvaggiamente i sistemi che si impennano, si gonfiano. Poi, d’improvviso, squilla un telefono. Dall’altro capo del filo (l’edificio non può permettersi wireless) si sente una voce un po’ incerta, abbastanza palesemente camuffata: “Salve sono un utente, cerco contenuti, non strutture e sovrastrutture”. Cade un silenzio ancestrale. SAN sbianca, sbricia nei portali tematici, balbetta metadati di scambio con i sitemi aderenti. Gli occhiuti si guardano interdetti. Poi tutti, in rotta, corrono a ripararsi nel castello. Al telefono, ovviamente, era Thomas Baffo, in uno dei suoi più riusciti travestimenti, quello dell’ignaro utente. Identità tocca trionfante l’altra riva, sgonfia il Bongi lo ripone nello zaino delle avite descrizioni e si incammina verso il castello. Sulla porta, ovviamente, incontra un portiere. E chi altro?. Non è però un portiere qualunque. E’ stato selezionato tra quelli provenienti da Prestigiosi Istituti. Ha il giusto sussiego, la necessaria punta di disprezzo per l’interlocutore, lo sguardo sprezzante verso i comuni mortali. Chiede a Identità di declinare le proprie generalità rimontando quattro generazioni, lo interroga sui gusti alimentari, lo tocca appena con la punta di un bastone e infine fa scattare il meccanismo della porta. Entrando, per poco Identità non sviene di colpo. Essere ammessi alla corte del tempo, vedere dal vivo il paradiso dei dati…rischia di essere troppo per lui. Sulla parete campeggia un monito: Sia lode al Soggetto Produttore. Mentre ancora indugia con lo sguardo sulle navicelle leggere che trasportano e organizzano memoria da un lato all’altro dell’enorme stanza centrale, si sente chiamare per nome. “Vieni! Noi sappiamo tutto e non pensare di averci ingannato. Adesso sei qui e ci aiuterai a debellare i conigli sapienti in nome del Grande Cugino”. A parlare è un tappetto coi tacchi, gli immancabili occhiali, che mentre si sposta snocciola un rosario di sacri testi. Inutile citarli. Sono sacri mica per niente. Porta Identità in una stanzetta dalle cui pareti pendono anime di carta che sbucano da faldoni poderosi. “Dov’è Baffo? “, chiede il tappetto. “Perché si ostina a negare la sola, gerarchica, piramidale, monolitica verità?” Identità è un cane di mondo, prende tempo. “Bel posto qui, forse vagamente ossessivo con tutte queste anime…”Si becca il secondo volume della guida generale di taglio in pieno stomaco. Traballa. Gli scagliano contro pure l’introduzione della Guida, gravida di tempo. Identità resiste ripassando mentalmente gli standard da ISAD a RIC. “Non vuoi collaborare? Ci pensiamo noi”. L’ometto batte le mani e entra un altro attempato occhiuto con delle schede in mano. Identità guarda meglio. Capisce di che si tratta: vincolo extraistituzionale esterno. Sbianca come possono sbiancare i cani, cioè non sbianca, immagina di impallidire. Insomma, non importa. Ma trema impaurito. Il vecchietto inizia a parlare si avvicina lentamente all’acme della tortura. Identità sente che sta per perdere i sensi… Il vecchietto si ferma. Identità respira affannato poi, in un soffio, dice… “Parlerò. Non lo si biasimi. Nulla e nessuno può resistere al vincolo extraistituzionale esterno, creatura mostruosa che attorciglia fisicamente i neuroni e ingolfa orridamente le sinapsi.

“I conigli sapienti – dice Identità- vivono fuori dalla città di Memoria, in una vallata di luce azzurrognola. Non praticano il culto del tempo, né quello dello spazio. Credono nella coscienza filtro di tutte le informazioni. Non c’è gerarchia descrittiva, né ansiosa tassonomia. La società dei conigli è una rete distesa tra le colline. Si nutrono di contesti, carote contestualizzate, e producono ogni giorno contenuti in formato aperto che regalano sui banchetti fuori dalle tane  a chi li voglia utilizzare. Pregano la dea interoperabilità e credono nel futuro, che non sia schiavo del passato. Hanno sostituito da tempo i sistemi informativi con algoritmi semantici rapidi e silenziosi come la neve. Sono allergici ai beni culturali intesi come specializzazioni di domino. Una didascalia museale ne può stendere tre o quattro in un colpo solo”. Temono come il Demonio l’ICCD.” Si pente subito di quello che ha detto ma l’ometto è ancora lì, brandendo il vincolo. Poi di improvviso si ricorda che può esserci una via d’uscita. Una soluzione per salvare, per così dire, coniglio e cavoli. “Io ho collaborato” disse al primo occhiuto. “Ora che farete di me?”  “Semplice, sarai sciolto nel diplomatico” – risponde quello impassibile- “Lo immaginavo – dice Identità , ma, vede io ho delle capacità particolari, forse potrei esservi utile. So muovermi a naso dentro al metodo storico, so fiutare l’ordine originario. Non c’è soggetto produttore che possa sfuggirmi e mi sono alimentato a lungo con le NIERA, fino a una sorta di mitridatizzazione- proprio per questo. Ho frequentato le scuole di metodo storico canino, studiato i testi di Eugenio Canenova e Giorgio Cagnetti e il mio olfatto non mi inganna: da un semplice brandello di documento so risalire all’ordine quale era”. “Mmmhh” dice l’occhiuto. Dovrai dimostrarlo. Prende un frammento di bastardello solo e decontestualizzato come solo certi bastardelli sanno essere e lo porge a Identità. Il cane lo guarda e soprattutto lo annus. Poi dice “Posso muovermi?” E tornato finalmente sulle più comode quattro zampe schizza veloce fuori dalla stanza. Percorre col naso a terra decine distanze tappezzate di scaffali, seguito da un numero crescente di occhiuti. Ogni tanto si ferma, fiuta l’aria satura di polvere ammorbante e riparte. Si ferma sulla soglia di una porta di metallo. Gli occhiuti ghignano. “Quella -dice uno di loro- è la porta che conduce negli scantinati dei senza soggetto ovvero dei casi impossibili, tutta informazione che non serve. Incurabile. Neppure ricorrendo a massicce applicazioni di iperfondo, la pozione più assurda e potente di cui disponiamo”. “Apritela” dice Identità. Sceso in cantina punta decisamente verso uno scaffale e guaisce di soddisfazione: appoggiato lì sopra stava l’altro pezzo del bastardello che, ricomposto rivela il nome del notaio e, ovviamente, tutto il resto è noia. Tutti eccitati gli occhiuti decidono che bisogna illustrare il fenomenale evento addirittura a mister MIBACT il magnate straniero che a tempo perso si occupava anche di loro, nella speranza che questa volta tra un film e un li avrebbe pressi in considerazione. Fu necessaria una lunga anticamera ma finalmente mister Mibact, che di nome faceva, ma non per molto, Dario, anzi Dary, li ricevette. Gli occhiuti magnificarono le doti del cane ma MIBACT non ne capiva l’utilità e chiese semplicemente se sapeva digitalizzare con le orecchie, perché aveva una certa idea…Fu a questo punto che identità approfittando della delusione e dell’imbarazzo degli occhiuti schizzò come un fulmine verso la finestra gonfiò il Bongi lo scaraventò di sotto e ci si lanciò sopra. In quell’istante passava Thomas Baffo a bordo della sua potente autovettura alimentata a LOD (da cui tessere le LOD di Baffo, dice sempre Identità che è un vero burlone). I due fuggirono verso la valle dei conigli sapienti per organizzare la resistenza. Agli occhiuti rimase solo l’odore di un albero rovesciato bruciato, incendiato da Baffo per ostacolare l’inseguimento.

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2 risposte

  1. 21 Marzo 2018

    […] I due, frutto della sapiente matita di Salvatore Renna, saranno a breve protagonisti di un fumetto e molto probabilmente di un cartone animato. La moltiplicazione delle forme espressive può rivelarsi assolutamente decisiva nell’ampliare e diversificare le possibili fasce di utenza. Identità e Thomas Baffo sono due eroi positivi incaricati della missione di distruggere l’apparente ossimoro archivistica immaginazione. La loro prima storia, per ora solo testuale è disponibile sul blog Archivisticattiva (http://blog.unimc.it/archivisticattiva/il-cane-identita-alla-scoperta-del-grande-castello/) […]

  2. 24 Marzo 2018

    […] cane Identità e il coniglio Thomas Baffo sono i miei eroi… Ho scritto un racconto, Il cane identità alla scoperta del grande castello, la cui idea ha ispirato Salvatore Renna, illustratore e autore del bel libro di favole e […]